Ancora non si sa con precisione quando o come il gatto apparve sulla Terra. Si ritiene che il suo più antico antenato, fosse in comune con il cane ; si chiama “miacis” e viveva nel Miocene, circa 50 milioni di anni fa.
Da esso, 30 – 40 di milioni di anni fa, evolsero due antichi mammiferi: l’hoplophoneus ed il dinictis la cui differenza principale erano la mascella ed i denti. Nel primo, lungo anche più di un metro, i denti diventarono lunghi come pugnali con adeguamento della mascella per aprirsi enormemente. Il dinictis, di dimensioni leggermente più piccole, sviluppò una bocca molto muscolosa con dentatura tipica dei carnivori.
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Questo antico mammifero (il dinictis) è considerato un antenato diretto dei felini e probabilmente da esso discende direttamente il puma. Ambedue assomigliavano a grossi gatti: corte zampe, cranio da carnivoro. Nonostante i reperti fossili, è difficile determinare quando iniziò il processo di addomesticamento. Per il gatto questo processo non è stato così facile come per il cane. Il gatto manca di impulsi cooperativi e di istinti sociali, questo ha fatto si che la domesticazione non sia stata proprio tale, come viene intesa per il cane, che ne ha cambiato profondamente i caratteri somatici e comportamentali, ma più che altro unaconsapevolezza di poter ottenere vantaggi reciproci da un stretta convivenza.
Il processo di addomesticamento del cane si fa risalire a circa 20.000 anni fa, mentre per il gatto tale processo non è avvenuto prima di 5 – 6.000 anni fa Le prime popolazioni del luogo, da una vita nomade erano passati all’agricoltura. Si formarono le prime comunità la cui sopravvivenza era legata ai raccolti e alle riserve di cereali che però attiravano topi ed altri roditori in abbondanza. Questa concentrazione di roditori a loro volta attiravano i predatori del posto tra cui i gatti selvatici.
La funzione dei gatti, come cacciatori di roditori a cui assolutamente non interessavano le granaglie come invece poteva succedere ad altri animali come il furetto, fu subito vista di buon occhio e addirittura la loro presenza era incoraggiata con la distribuzione di scarti di pesce. Inizialmente il contatto diretto tra gatto e uomo non è stata cosa facile per l’innata diffidenza del gatto ma sicuramente il piacere dato da un gatto, accoccolato sulle gambe mentre fa le fusa dopo una lunga e dura giornata di lavoro nei campi, lo ha fatto perseverare.
La prima prova del rapporto uomo-gatto è rappresentata dai dipinti funerari egizi, 2600 a.c.
Tutte le testimonianze ci fanno intuire che il gatto se la passava veramente bene: la sua capacità di proteggere i granai era molto apprezzata ed in seguito venne considerato, grazie ai suoi magnifici occhi, come manifestazione terrena di importanti divinità; per questo fu consacrato prima alla dea Iside poi a Bast (la dea gatto), quindi venerato, coccolato, nutrito con cibi raffinati e ornato con pietre preziose. Chi osava ucciderlo rischiava molto e per tale reato era persino prevista la pena di morte. Quando il gatto abbandonava la vita terrena veniva addirittura imbalsamato e sepolto come una persona!
Intorno al 1850 fu scoperto un cimitero che ospitava oltre 3000 mummie feline. La venerazione degli egizi per il gatto fu sfruttata in guerra dai persiani che in battaglia usarono i felini come scudo, con la convinzione che i nemici non avrebbero osato far loro del male.
Seguendo le rotte commerciali, il gatto si diffuse poi presso i romani ed i greci che se ne servirono in particolare per difendere i granai dai topi;bisogna dire che si trattava di un popolo meno portato al misticismo e più attento agli aspetti pratici, quindi il gatto non veniva coccolato e viziato da tutti, ma solo da chi poteva permetterselo, quindi ricchi e nobili.
Per molti gatti di conseguenza la vita nel mondo romano era quello del randagio o, al meglio del gatto di cortile, quello che viene nutrito dagli abitanti di una casa perché non la abbandoni ma la mantenga libera dai topi. In questo modo però, il rapporto tra uomo e animale ebbe comunque modo di svilupparsi.
Attraverso l’Egitto si diffuse anche nei Paesi arabi dove in poco tempo rubò la scena al “sacro” cavallo. Anche Maometto aveva la sua gatta, Muezza, e si narra che un giorno, pur di non disturbarla mentre dormiva accanto a lui, preferì tagliarsi la manica del vestito.
Il Medioevo fu il periodo più brutto per il gatto, quelle caratteristiche particolari che lo avevano portato ad essere venerato ora venivano interpretate come demoniache, quindi finiva spesso al rogo insieme alle streghe. Di questo periodo è la superstizione relativa al gatto secondo la quale tale animale porta sfortuna; infatti, sopratutto se nero, si riteneva fosse l’impersonificazione del diavolo!. Secondo alcuni l’uomo pagò la sua stupidità e le violenze sui gatti con il diffondersi della peste favorita dal fatto che i topi avevano vita facile.
A causa della sua grande abilità di cacciatore di topi, il gatto divenne sospetto agli occhi dei religiosi, che lo accusarono anche per la capacità di vedere nell’oscurità e quindi di essere in combutta con le streghe e con il diavolo. Papa Gregorio IX lo definì niente meno che l’incarnazione del diavolo e papa Innocenzo VIII, scomunicò tutti i gatti.
Il riscatto cominciò intorno al 1800, quando tornò ad essere un animale da compagnia e furono organizzate le prime esposizioni, per essere precisi la prima fu organizzata a Londra il 13/07/1871. Il gatto, da questa data in avanti diventò un grande amico dell’uomo, e la sua presenza nelle famiglie divenne sempre più numerosa. viene utilizzato addirittura nella pet-terapy.
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Il nostro amico vanta di essere l’animale più presente nelle nostre famiglie.